Alcuni amici, all’oratorio di Cernusco, raccontavano entusiasti l’esperienza di volontariato fatta tra Carenno e Piacenza. Qualcuno di loro mi chiese di accompagnarli per andare a conoscere la Casa del Fanciullo che, mi avevano detto, avrebbe potuto accogliermi per il servizio civile che avevo intenzione di fare, come obiettore di coscienza al servizio militare.
Mi ritrovai a parlare con padre Gherardo, Lidia e altri volontari dell’esperienza della Casa, del servizio verso bambini in situazioni educative precarie, talvolta difficili.
Tornai da una parte incuriosito, incantato, dall’altra dubbioso: concretamente, cosa avrei dovuto fare? Sarei stato bene in casa con quelle persone? Sarei stato capace di affrontare per tanti mesi (20) dalla mattina alla sera, l’impegno che intravedevo?
Comunque decisi di accettare e, nel dicembre del ‘77, dopo un mese di formazione per obiettori, organizzato dal Gruppo Abele di don Ciotti, arrivai alla Casa del Fanciullo.
Mi ritrovai con padre Gherardo, piuttosto sofferente per problemi di salute, Paola reduce da una malattia grave e con problemi di mobilità, e Lidia.
Ci volle del tempo per ambientarmi, ma compresi subito quel dono che si offriva soprattutto ai sette bambini, dai 4 ai 14 anni, che portavo, col pulmino alla sera a Ivaccari e riportavo la mattina in piazzale Crociate per la scuola.
Soprattutto Paola e Lidia avevano rapporti materni con loro che si sentivano affettuosamente accolti: se mancava qualcuno degli adulti, percepivano un vuoto, chiedevano subito dove stava.
Tutta la complessa organizzazione della Casa del Fanciullo, come la dedizione verso ciascun bambino erano notevoli. Mi stupivo della fatica, talvolta al limite, nel gestire la quotidianità, eppure la cura che continuavano ad offrire a quei piccoli figli affidati era ammirevole.
Il Padre, appena possibile, cercava di recuperare prodotti alimentari e altro, che potessero servire per la mensa della scuola. Lidia gestiva, dall’ufficio di piazzale Crociate, tutta l’organizzazione: la scuola, i rapporti con i Servizi sociali dei vari Comuni, i contatti con le famiglie, i volontari, ecc. Paola si occupava dell’accoglienza della casa di Ivaccari, dalla pulizia ai pasti.
Mi hanno fatto capire, nel mio piccolo, con l’esempio, pur vivendo in condizioni di grande fatica, cosa significasse l’aver cura generosa: rendersi costantemente disponibili, offrire una serena convivenza, generare benessere in vista di un futuro migliore.
Insomma, il servizio civile alla Casa del Fanciullo, ha cambiato la vita anche a me!